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Che cos’è l’otosclerosi?

Cosa significa questo termine? "Oto" è il nome greco per orecchio e con "sclerosi" in medicina si intende il processo di indurimento di organi o tessuti. A grandi linee si tratta di un indurimento nell’orecchio.

Per poter comprendere la patologia, bisogna innanzitutto sapere come funziona la trasmissione del suono nell’orecchio. Il suono si infrange sul timpano e nell’orecchio medio viene poi trasmesso attraverso la catena degli ossicini nell’orecchio interno. Segue la sua strada passando per il martello, l’incudine e la staffa. Questi tre ossicini devono essere flessibili e devono poter vibrare per trasmettere il suono. Il suono viene trasmesso dalla staffa all’orecchio interno passando per l’area di passaggio. Nel caso della otosclerosi questa funzione è danneggiata. La staffa è spesso interessata da ossificazione e diventa quindi inflessibile. Questa inflessibilità causa la perdita dell’udito dato che non viene trasmesso alcun segnale sufficiente alla coclea nell’orecchio interno.

Cosa provoca la patologia?

Le cause dell’otosclerosi non sono ancora chiare. Esistono tuttavia diversi fattori che possono favorirne la comparsa.

In primo luogo gioca un ruolo importante la componente genetica dato che ne è stata determinata la familiarità. Sono state riscontrate differenze anche tra uomini e donne: le donne sono due volte più a rischio rispetto agli uomini di contrarre la malattia. Dato che solitamente la patologia si aggrava durante la gravidanza, anche gli influssi ormonali sono ritenuti possibili cause scatenanti della malattia. Da ultimo, anche i virus del morbillo sono considerati una della potenziali cause.

Ad oggi non sono note misure che possano prevenire la comparsa dell’otosclerosi.

Quali sono i sintomi dell’otosclerosi?

La malattia si manifesta nella maggior parte dei casi attraverso una crescente ipoacusia, che compare tra i 20 ed i 50 anni. L’otosclerosi viene riscontrata nel 5-9% dei pazienti con una riduzione della capacità uditiva. Nei pazienti con sordità, l’indurimento viene riscontrato nel 18-22% dei casi.

All’inizio la riduzione della capacità uditiva si manifesta prevalentemente da una parte, ma nel corso della malattia può interessare entrambe le orecchie. Spesso le orecchie sono colpite con intensità diversa. Alcuni pazienti riportano di sentire meglio negli ambienti rumorosi. Altri possibili sintomi sono gli acufeni (prevalentemente nel range dei toni bassi) e vertigini. Dato che l’indurimento si verifica sul lungo periodo, l’otosclerosi può rimanere latente per anni prima del manifestarsi di un calo della capacità uditiva. Di norma non si avvertono dolori.
In ogni caso consultare un otorinolaringoiatra. Anche se le analisi del timpano, dell’orecchio medio e della tromba auditiva non destano sospetti, può comunque essere diagnosticata in pochi casi la cosiddetta macchia scura come sintomo dell’indurimento. Con macchia scura si intende un arrossamento della parete del cavo del timpano che è visibile attraverso il timpano.

Comprovare la malattia non è per niente semplice, ma è comunque possibile attraverso diverse misurazioni audiometriche (audiometria della soglia sonora ed impedenzometria). In alcuni casi possono risultare necessari altri test per dimostrare un focolaio di infiammazione attiva, come per esempio una verifica dell’equilibrio, la radiografia della regione auricolare oppure una scintigrafia timpano-cocleare (TCS).

Quali cure esistono?

L’otosclerosi può essere curata solo con un intervento chirurgico. Le possibilità di guarigione sono piuttosto elevate: dopo l’operazione infatti il potere uditivo migliora in più del 90% dei pazienti affetti da otosclerosi e in circa la metà scompare il tinnito. Le terapie a base di farmaci, al contrario, hanno mostrato uno scarso successo.

In passato veniva effettuata soprattutto la stapedectomia (stapes = staffa), con la quale venivano completamente rimosse la staffa ed una parte della rispettiva pedana. La staffa viene sostituita da una protesi che viene collegata all’incudine. Questa procedura si chiama stapedioplastica.

Al giorno d’oggi viene impiegata soprattutto la stapedetomia. Con la stapedetomia viene rimossa solo la parte superiore della staffa e rimane la pedana. Con un raggio laser o un piccolo ago viene effettuato un piccolo foro nella pedana e poi installata una protesi. Questa procedura rappresenta oggi l’intervento più frequente in quanto comporta poche complicazioni. In particolare, la stapedotomia laser risulta molto precisa.

Le protesi impiegate contribuiscono a trasmettere le vibrazioni dalla catena degli ossicini direttamente all’orecchio interno. La staffa rimossa viene quindi bypassata e le vibrazioni degli altri ossicini sani vengono trasmesse alla protesi.

Questo intervento chirurgico può essere eseguito in anestesia locale o totale. Per ulteriori informazioni sul decorso e sui rischi dell’intervento rivolgersi al proprio otorinolaringoiatra.

I pazienti con solo leggeri problemi di udito, dovrebbero considerare come alternativa un apparecchio acustico per poter udire meglio. Presso i centri AudioNova è possibile richiedere un consulto gratuito con controllo uditivo per valutare l’applicabilità di una soluzione acustica. Tuttavia, in questo modo non viene bloccato il processo di ossificazione crescente, pertanto è necessario effettuare regolari controlli della capacità uditiva.

Conclusione

L’ossificazione nell’orecchio può di norma essere trattata con esiti positivi. Nel caso in cui riscontriate un calo del potere uditivo, rivolgersi ad un otorinolaringoiatra. Un calo del potere uditivo può essere la conseguenza di tante diverse patologie e pertanto occorre consultare sempre uno specialista.